
Rispetto la morte, sempre. È la fine di un’era, punto. Ma nn mi riesce proprio di “onorare” Emilio Fede. Xké quello che uno fa in vita resta—e qui rubo al Gladiatore: «Ciò che facciamo in vita riecheggia per l’eternità».
E quello che riecheggia di Fede, x me, è altro.
Parliamo dei fatti, nn dei santini last minute. Direttore del TG4 x oltre 20 anni, schieratissimo pro-Berlusconi, mai imparziale. Poi le condanne: bancarotta nel caso Mora, Ruby bis, domiciliari violati x andare a festeggiare il compleanno. Non invenzioni, ma cronaca.
E poi i siparietti: le “fedate”, il famoso “che figura di m…” diventato tormentone. Possiamo pure riderci, ma nn raccontiamoci che tutto questo abbia alzato il livello del giornalismo.
Oggi vedo post strappalacrime: “grande uomo, grande giornalista”. Boh. Fino a ieri veniva preso in giro, oggi beatificato. Qst è il punto: la coerenza. Non si manca di rispetto alla famiglia se si dice la verità sul personaggio. Si può salutare l’uomo senza riscrivere la storia.
Io nn lo onoro, nn posso. Nn mi è mai piaciuto come giornalista, e credo abbia abbassato l’asticella della professione. Morire chiude una biografia, nn la ripulisce.
Quindi sì: rispetto la morte e la sua famiglia—questo è sacro. Ma al ricordo zuccherato io nn ci sto. Chi ieri lo disprezzava e oggi lo santifica… si guardi allo specchio, e capisca quanto vale la propria coerenza.
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