
In Sicilia, il randagismo è diventato un affare. Nessuno lo dice chiaramente, ma i numeri parlano chiaro. Da decenni si combatte una “emergenza” ke sembra eterna. Anzi, più si prova a risolverla e più diventa conveniente tenerla in piedi. Non xké manchino le soluzioni. Ma xké mancano la volontà e l'interesse a tagliare il cordone con un sistema ke fa comodo a troppi.
Partiamo dai fatti: in dieci anni, il randagismo in Sicilia non è diminuito, nonostante campagne, finanziamenti, delibere e promesse. I cani in strada ci sono, eccome. I canili strabordano. I comuni, specie quelli piccoli, sono stati abbandonati dalla Regione a gestire da soli una bomba sociale ed economica. E le pseudo-associazioni “animaliste”? In molti casi non aiutano: alimentano il problema. Perché se si risolvesse davvero, sparirebbero anche i ritorni economici.
Chi lavora sul campo lo sa. Lo vede ogni giorno. C’è chi — invece di puntare sull’adozione, sulla prevenzione, sulla sterilizzazione mirata — preferisce la gestione a lungo termine. Meno adozioni? Più cani dentro. Più cani dentro? Più soldi. E a pagarli sono i Comuni, cioè i cittadini.
C’è di peggio: spesso queste associazioni si sostituiscono alle amministrazioni, parlano a nome delle istituzioni, raccolgono fondi online, lanciano appelli strappalacrime — e poi? Di quei soldi, nessuno sa davvero ke fine fanno. Non si sa quanti ne entrano, quanti ne escono, dove vanno a finire. E intanto i cani restano rinchiusi, per mesi, anni, a volte per tutta la vita. Chi si indigna viene tacciato di essere “contro gli animali”. Ma in realtà è esattamente il contrario.
UN CASO EMBLEMATICO: CEFALÙ
Prendiamo un esempio concreto: Cefalù, cittadina turistica tra le più belle d’Italia. Da anni si discute sulla gestione dei randagi. A oggi, risulterebbero cani rinchiusi da oltre 14 anni in un canile convenzionato. Un ergastolo in piena regola. Ora: uso il condizionale non x paura, ma x rispetto della legge. Perché in passato, dire le cose in faccia m’è già costato denunce.
Ma se davvero, e dico se davvero, ci sono cani chiusi da 14 anni, non siamo davanti a un problema, ma a una vergogna. Una vergogna tutta italiana, tutta siciliana, tutta istituzionale.
I COMUNI: STROZZATI DAI COSTI, IGNORATI DALLA REGIONE
I comuni piccoli — Licata, Sciacca, Isnello, Petralia, Caltavuturo, Polizzi, Cefalù, e tanti altri — sono al collasso. Mentre cercano di tappare le buche, gestire scuole, rifiuti, servizi minimi, si ritrovano a pagare decine di migliaia di euro per cani che nessuno adotta, che nessuno vuole reinserire sul territorio, e ke vengono mantenuti in strutture private a peso d’oro. Nel frattempo la Regione? Scomparsa. I fondi arrivano a pioggia, senza una logica, senza un piano. E quando arrivano, sono troppo pochi e troppo tardi.
Basti pensare ke in alcuni comuni, solo il passaggio di gestione da una struttura all’altra ha permesso un risparmio di oltre 80.000 euro l’anno. Perché? Perché chi ha preso in carico i cani ha cominciato a promuovere adozioni vere, a ridurre i tempi di permanenza, a trattare gli animali come esseri viventi, non come codici da fatturare.
OLANDA E GERMANIA: ALTRO MONDO
Facciamo un salto fuori dall’Italia. In Olanda il randagismo è stato azzerato. Come? Sterilizzazione obbligatoria, campagne serie di informazione, responsabilizzazione dei cittadini e delle istituzioni. In Germania, le adozioni sono incentivate, e chi abbandona un cane rischia grosso. I canili sono strutture temporanee, non magazzini per stoccare cuccioli a tempo indeterminato.
In Sicilia, invece, la realtà è capovolta: più i cani restano chiusi, più il sistema ingrassa. E chi prova a parlarne rischia la denuncia.
LE SOLUZIONI? ECCOLE, MA NON CONVIENE A NESSUNO
Sterilizzazione di massa, mirata e gratuita.
Campagne di adozione serie, fatte da chi ama davvero gli animali, non da chi ci guadagna.
Registro trasparente dei fondi raccolti e spesi dalle associazioni.
Controlli a tappeto sui canili convenzionati.
Sospensione delle convenzioni in caso di stallo cronico senza adozioni.
Reinserimento in libertà dei cani sterilizzati, come prevede la legge.
Un ufficio randagismo regionale che funzioni davvero, e che risponda ai sindaci, non alle lobby.
Ma — diciamolo — a chi conviene risolvere il randagismo?Di certo non conviene a chi ci campa sopra. Non conviene a chi ha fatto del randagio un bancomat ambulante. Non conviene a chi gira coi comunicati stampa in una mano e la richiesta di contributo nell’altra.
CONCLUSIONE
Io non generalizzo. Non dico ke tutte le associazioni siano marce, né ke tutte le strutture siano mangiatoie. Ma secondo il sottoscritto, una parte consistente del problema è tenuta in vita da chi dice di volerlo risolvere. Il randagismo — e lo ripeto — è diventato una macchina da soldi, e i Comuni sono solo le pompe di benzina.
Chi ama davvero gli animali li vuole liberi, adottati, felici. Non chiusi a vita in gabbia per far girare un sistema opaco e intoccabile.
Se tutto questo ti fa incazzare… bene.Vuol dire ke hai ancora un’anima.
© Mirco@77
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